
Fonte foto: X (juventusfcen)
Il nome di Manolo Portanova ha fatto il giro dei media italiani, ma spesso non per motivi sportivi. Figlio d’arte, il padre Daniele ha giocato a lungo in Serie A, Manolo sembrava destinato a seguire una strada luminosa. Cresciuto nelle giovanili della Lazio e poi passato alla Juventus, ha mostrato tecnica, visione e qualità da trequartista moderno.
Nel 2021 approda al Genoa, dove trova più spazio. Le prestazioni convincono: Portanova sembra pronto a prendersi la scena. Ma il 2022 cambia tutto: viene coinvolto in una grave vicenda giudiziaria per violenza sessuale di gruppo. Parte l’inchiesta, il processo, l’attenzione mediatica.
Una carriera congelata, tra accuse e attese
L’inchiesta e il processo hanno inevitabilmente rallentato se non bloccato la sua crescita. Pur proclamandosi sempre innocente, Portanova viene condannato in primo grado a sei anni di reclusione nel dicembre 2022. La sentenza viene impugnata, e il procedimento è ancora in corso al momento della scrittura.
Nel frattempo, il calciatore cerca di restare attivo. Dopo la retrocessione del Genoa, viene girato in prestito alla Reggiana, dove cerca di ritrovare forma e serenità. Ma l’ombra del processo pesa come una zavorra.
Un futuro incerto, tra talento e responsabilità
Il caso di Portanova apre una riflessione importante sul rapporto tra giustizia e sport. Fino a condanna definitiva, un giocatore può — e legalmente deve — continuare a lavorare. Ma la percezione pubblica è diversa: le critiche non mancano, così come il dibattito su etica e opportunità.
Oggi il suo futuro è più incerto che mai. Il campo potrebbe ancora offrirgli occasioni, ma il verdetto decisivo non arriverà dai tifosi né dai tecnici: sarà quello della giustizia italiana.
Infatti è arrivata la condanna: il Tribunale di Siena ha condannato, in primo grado, a 9 anni di reclusione per violenza sessuale di gruppo. Manolo Portanova attende, intanto, il processo d’appello con inizio fissato per il prossimo 4 novembre.
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